Nel nome della Rossa

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Da tempo frequentavo la casa di Lella, dato che ero amico e compagno di scuola di sua sorella, Lella, bellissima e minuta come una statuina, non sembrava nemmeno della stessa famiglia della sorella, Federica.

Federica, infatti, era una specie di maschiaccia, tette piatte e culo inesistente, gambe muscoline e viso mascolino. Lella, invece, aveva certe forme che sembravano inventate da un grande pittore e un visetto che mi ispirava sentimenti dolci e teneri.

Però, la notte, quando il cazzo non ti lascia dormire, mi sparavo delle seghe meravigliose pensando a Lella, al suo culo a mandolino e alle sue tette dolci e tenere. Mi sfinivo a furia di rasponi e questo si vedeva bene dai miei occhi sempre cerchiati e dalla mia svogliatezza nello studiare.

Un giorno, a casa delle due sorelle, incontrai un ragazzo che subito Federica mi presentò come il fidanzato di Lella. Provai l’istinto di ucciderlo, me ne andai e non tornai a casa loro per giorni e giorni, anche se Federica mi telefonava di continuo dicendomi che ero uno scemo, e che se avessi continuato a non studiare mi avrebbero fregato al prossimo esame.

Ma dopo una decina di giorni fu Lella, a telelonarmi. Mi disse che Federica era arrabbiata e che anche lei non riusciva a spiegarsi la mia assenza. Risposi che non volevo più vederle e che si tenesse il suo fidanzato di merda. Ecco, era fatta, l’avevo detto e lei era rimasta muta per qualche secondo, prima di dire: “Vieni subito qui, che ti spiego tutto”.

Ci andai, era in casa da sola e mi disse subito “Vieni nella mia stanza ci chiudiamo dentro perchè non voglio che Mario sappia che tu sei quì, è geloso”. Stupefatto da quel comportamento, la seguii nella sua stanza e mi accorsi che sopra la spalliera del letto aveva una foto di quando ero stato in gita con loro. Mi sentii felice ed emozionato, ma lei, senza tanti complimenti mi disse: “Sai, io ho sempre pensato e te, giorno e notte però ho bisogno di sposare un uomo ricco, mi piace poter fare la signora, farmi viziare da un marito che non ha problemi economici e non avere tutti i pensieri che le donne che lavorano tutto il giorno hanno.

Rimasi in silenzio per un attimo e mi sedetti di fianco a lei sul letto. Era vestita di rosa e aveva una scollatura che le metteva in risalto le sue belle tettine sode. Mi sentivo eccitato tanto da stare male, mi girava la testa e ad un tratto la guardai e le dissi:”Se vuoi sposarti con un ricco, fai pure ma a me cosa dai?”

Lei mi si fece vicina e mi mise una mano tra i capelli. Era l’inizio di una storia che ci avrebbe portato lontano.

“Ti do quello che vuoi, coccolone mio… tutto quello che vuoi e per tutta la vita… voglio un marito ricco e un amante come te…. è già tutto stabilito, mi mancava solo il tuo consenso” e mi si strinse contro una spalla facendomi sentire la morbidezza delle sue tettine. Fù l’inizio del mio scatenamento.

“Ah, é cosi? Vuoi iI marito ricco? ma sei una vera puttana, lo sai?” E forse é proprio questo, che m’ha fatto stare con l’uccello sempre duro e il cuore sempre in pena in questi anni. “Tu sei la figa che voglio, so che sarà per sempre così.. Sposati, fai quello che vuoi, basta che tu non me la neghi mai.. verrò da te quando lo vorrai”, farfugliando e brancicando nella sua scollatura, strappandole il tessuto leggero dell’abito.

Iniziai a leccarle quelle meravigliose tettine, gliele leccai così tanto che ad un certo punto lei disse:”Vengo, vengo!” ed io come uno stupido ragazzino mi sborrai nei pantaloni. Volevo schiantarla di cazzo ed invece avevo fatto una figura da segaiolo.

Lei incuriosita dal mio silenzio e dalle carezze più fredde che le stavo facendo, mise una mano nei miei pantaloni e la ritrasse subito come spaventata. Ma così spaventata non era, si guardò a lungo le dita bagnate e poi iniziò a leccarle una ad una guardandomi con una specie di sorriso malizioso chevera tutto un programma.

Il cazzo mi ritornò subito duro come il marmo e allora la castigai: le aprii le cosce ed inizia a scoparla con vigore e questo vigore andò avanti in svariate posizioni per il resto del pomeriggio. Da quel giorno Elisabetta ed Io non abbiamo mai smesso di vederci ne di scopare come dei ricci.

Elio, Napoli


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